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VITERBO, 30 MARZO – Focus a Viterbo sulle attivita’ dei Castellani: eccellenti orafi, collezionisti competenti e acuti, i fratelli Augusto e Alessandro furono figure di primo piano nella formazione delle raccolte di prestigiose istituzioni museali in Italia e all’estero. In particolare Augusto si mosse con grande capacità nell’eterogeneo scenario romano di quel periodo, da un lato ricoprendo importanti funzioni di carattere istituzionale, dall’altro assumendo comportamenti diretti a eludere imposizioni e verifiche sul suo operato per coprire o agevolare affari dalle molteplici sfumature. Luci e ombre dunque, portate alla ribalta oggi a Viterbo nella prima di tre giornate di studi Cronache Ceretane (le altre saranno il 21 aprile a Cerveteri e il 27 maggio alla Sapienza) in una serie di relazioni dedicate, piu’ in generale, a una rassegna delle prime ricerche archeologiche nel territorio dell’antica Caere, dall’archeologia romantica a Porta Pia.

Antonella Magagnini si e’ soffermata in particolare sulla figura di Augusto, figlio di Fortunato Pio Castellani, titolare di una rinomata bottega orafa che ebbe grande successo internazionale nella creazione di monili ad imitazione di quelli etruschi, greci e romani. Negli anni Sessanta dell’Ottocento, parallelamente alla sua attività di orafo, Augusto, grazie ai suoi personali contatti con scavatori, proprietari terrieri e mediatori, acquistò per la sua collezione ingenti quantità di materiale archeologico restituito dai territori dell’antica Etruria. In quello stesso lasso di tempo, la arricchì con materiali provenienti da molteplici siti archeologici grazie allo stretto rapporto con il fratello maggiore Alessandro che, esule a Napoli, acquistava, senza badare a spese, oggetti antichi sia in Campania, dove per altro finanziava scavi a Capua, in Sicilia ma anche in Umbria e in Toscana. Le vicende legate a una serie di oggetti sono bizzarre e gettano una luce sui comportamenti ambigui del collezionista, interessato a trasmettere informazioni manipolate che favorivano la vendita presso collezionisti privati o musei rendendo difficile risalire agli esatti luoghi di rinvenimento e alle eventuali associazioni tra i diversi reperti. Questo insieme di materiali denominato “Tomba Castellani” era frutto di una serie di furti, reiterati nel tempo da maldestri contadini, in un terreno situato a Palestrina, acquistati per una cifra irrisoria da Castellani che intuì di trovarsi di fronte a oggetti simili a quelli della tomba principesca Regolini Galassi di Cerveteri.

Luci e ombre dunque, sulle modalità di formazione della collezione, sulle procedure adottate nel passaggio e nella gestione della collezione ai Musei Capitolini (coinvolto n un procedimento penale legato all’acquisto fraudolento Augusto fu costretto, dall’autorità pontificia, a depositare gli oggetti ai Musei dove sono tutt’ora esposti) ed ancora sulla sua attività di restauro nella quale – ha detto Magagnini – Castellani seppe “mirabilmente” coniugare la perizia di orafo e le rilevanti conoscenze dei manufatti antiche.

Christian Mazet, nell’ambito dello studio della inedita collezione di antichità dell’École française de Rome e del suo futuro allestimento a Palazzo Farnese, ha presentato a sua volta la donazione del 1879 di un lotto di vasi greci ed etruschi provenienti da Cerveteri, probabilmente dagli scavi dei Fratelli Calabresi, da parte di Augusto Castellani. La storia di questo dono si inserisce nella volontà del primo direttore della Scuola, Auguste Geffroy, di creare un museo didattico per l’insegnamento pratico dell’archeologia classica, nel contesto dell’affermazione identitaria degli istituti di ricerca stranieri nella Roma postunitaria. Ancora in gran parte allo stato ottocentesco, questi vasi – ha detto Mezet – permettono anche di interrogarci sulle prassi commerciali e di restauro della bottega Castellani nel mercato antiquario dell’epoca.

E sempre sul tema dei Castellani, Giulio Paolucci dela Fondazione Luigi Rovati di Milano ha passato in rassegna un gruppo di materiali del Museo Civico di Reggio Emilia (formatosi per interesse del Reverendo Gaetano Chierici) ricevuti da Augusto Castellani per illustrare la grande città etrusca di Caere nel lungo periodo, dall’età del Ferro all’epoca ellenistica.