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Un approfondimento su Pyrgi inaugura l’ultimo numero di Archeo, grazie al contributo di Laura M. Michetti, dirigente dello scavo e presidente del comitato scientifico di Vulci nel Mondo, e alla collaborazione, fra gli altri, di Alessandro Conte e Manuela Bonadies.

È da decenni che il settore di Etruscologia del dipartimento di Scienze dell’Antichità della “Sapienza” Università di Roma investe sulla ricerca a Pyrgi: si tratta di uno dei primi “Grandi scavi” di Ateneo nel porto e grande santuario marittimo della città etrusca di Caere (l’attuale Cerveteri), con un ruolo centrale all’interno della storia del Mediterraneo antico, come evidenziato dal documento delle lamine d’oro.

Lo scavo del sito, avviato nella primavera del 1957 da Massimo Pallottino e Giovanni Colonna, viene presentato da subito sia come opportunità di ricerca scientifica che di formazione per i giovani archeologi. Tuttora le attività vengono condotte seguendo questa duplice direttiva, in collaborazione con la Soprintendenza competente: grazie alle tante straordinarie scoperte, esposte al Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, ogni anno una cinquantina di studenti internazionali sono coinvolti nella ricerca sul campo e nei laboratori di schedatura e documentazione dei reperti che si svolgono nel corso dell’inverno. Nel 2021, grazie alla direzione di Laura M. Michetti, tale sinergia si è avvalsa della selezione tra i migliori esempi nell’ambito della “Terza missione” svolti dall’Università “La Sapienza”.

L’oggetto principale delle ricerche più recenti è rappresentato dall’assetto urbanistico dell’antico insediamento in rapporto alla città-madre Caere. Nel VI secolo a.C. lo scalo portuale di Pyrgi assume un’importanza primaria e a seguito di tale fenomeno è possibile riscontrare la presenza di un vivissimo quartiere pubblico-cerimoniale che accolse, almeno a partire dalla metà del secolo, attività di tipo economico, amministrativo, doganale e di rappresentanza in relazione con il porto.

Si stima che il tracciato che collegava Caere al porto fosse lungo 10 km ed è ancora in gran parte da indagare: in questi anni sono stati avviati la raccolta e lo studio della documentazione d’archivio, insieme a nuove metodologie innovative di indagine di tipo non invasivo: magnetometria, resistività elettrica e georadar, prospezioni integrate da telerilevamento multispettrale tramite drone, tutte adatte ad aree scarsamente urbanizzate ma ricche di vegetazione spontanea o sfruttate dal punto di vista agricolo.