GONFIENTI (PRATO), 21 MARZO – La Regione Toscana auspica una ripresa degli scavi a Gonfienti dove recenti ricerche hanno portato in luce un importante agglomerato urbano etrusco. “Vorrei arrivare a discutere, approfondire e poi siglare un protocollo di intesa” con il ministero della Cultura “per andare avanti con gli scavi a Gonfienti, perche’ e’ molto interessante capire quello che e’ l’agglomerato urbano piu’ consistente dell’epoca etrusca”. Lo ha detto il presidente della Toscana, Eugenio Giani, a margine del Consiglio regionale parlando dall’area archeologica nei pressi di Prato.
“Mi piacerebbe continuare con la campagna di scavi – ha aggiunto Giani – perche’ sono convinto che a Gonfienti si potrebbero trovare elementi significativi di una riscoperta della civilta’ etrusca che sta facendo davvero passi da gigante con ritrovamenti che avvengono continuamente in una parte o l’altra della Toscana. Pensiamo alla stele di Poggio Colle vicino a Vicchio che oggi e’ esposta con specifica mostra a Milano”.
Giani ha poi ricordato che il prossimo anno saranno “450 anni della scomparsa del primo granduca di Toscana, Cosimo I, che si volle definire ‘Magnus dux Etruriae'” e quindi “sara’ l’anno giusto in cui mandare avanti attivita’ che ci consentono di approfondire e valorizzare iniziative culturali relative agli etruschi”.
Le scoperte a Gonfienti, alla periferia di Prato, mettono in discussione teorie precedenti che fanno di Firenze – una colonia romana, la citta’ piu’ antica della Toscana, mentre il territorio di Prato all’epoca era considerato una palude. Gli scavi dell’area etrusca risalgono agli anni Novanta. La città antica ai piedi dei monti della Calvana era quasi certamente collegata commercialmente a Kainua-Marzabotto al fine di favorire gli scambi attraverso l’Appennino, lungo la direttrice che collegava le città di Spina e Pisa nel corso del VI-V secolo a.C. Era poi decaduta quasi improvvisamente al termine del V secolo a.C., per circostanze ancora non chiare.
Assi viari ben pianificati indicano una presenza costante nel territorio, con una strada di oltre dieci metri di larghezza e un’estensione notevole (sono circa 30 gli ettari sottoposti a vincolo dalla soprintendenza). All’interno dell’area archeologica è stata rinvenuta una “domus” di circa 1440 m² (la più grande dell’Italia antica, prima della Roma Imperiale), sviluppata sul modello delle ville pompeiane (ma di alcuni secoli precedente) con una rete di canali idrici ancora in parte funzionanti e un’eccezionale quantità di ceramiche greche a figure rosse e nere, su cui spicca una kylix attribuita a uno dei più importanti artisti greci del V secolo, Douris e delle antefisse a figure femminili.
Indizi sull’esistenza in loco di una città etrusca erano già stati ipotizzati nel corso del XVIII secolo, quando vennero raccolti svariati reperti di quell’epoca (tra cui il cosiddetto “offerente” esposto al “British Museum”), suggerendo per essa il nome di Bisenzia, una mitica città etrusca scomparsa secoli fa e citata da locali letterati rinascimentali.