"Drinking cup (kylix) depicting the goddess Eos abducting Tithonos"
Kylix a figure rosse attribuita al Pittore di Telephos, ceramografo attico operante intorno al secondo venticinquennio del V secolo a.C. Nel medaglione interno, incorniciato da una catena di meandri intervallati da rosette, è raffigurato il rapimento di un giovane, probabilmente da identificare con Tithonos, da parte della dea alata Eos. Sopra i personaggi è dipinta in rosso l’iscrizione greca (κ)αλος. L’esterno della kylix è decorata con una serie di dieci personaggi separata da un altare a volute su cui arde una fiamma. La processione è guidata da un uomo armato, con scudo decorato con la parte anteriore di un cavallo in corsa, con un piede poggiato su una roccia. Seguono figure maschili di diverse età (anziani, uomini e giovani) alcuni dei quali muniti di bastone. Tra le ultime due figure è rappresentato un alberello. Sotto una delle anse è dipinto il nome del ceramista hιερον εποιεσεν “Hieron (la) fece”. Sono state avanzate diverse ipotesi circa l’interpretazione delle scena raffigurata all’esterno della kylix alcune delle quali collegate con il rapimento del giovane Tithonos (per alcuni invece Kephalos) rappresentato all’interno del vaso (discendenti o compagni di caccia del giovane rapito, squadra di ricerca). Alcune ipotesi, invece, si riferiscono ad altri episodi come la partenza, o ritorno, di Edipo verso la sfinge o una festa di commemorazione di una vittoria militare di Atene.
M.B.
Probabilmente rinvenuta a Vulci, la kylix fu acquistato dal mercante romano Basseggio dal sig. Schlosser di Heidelberg nell’inverno 1835-1836. In seguito passò nella collezione di Herr von Bermus, sempre nei dintorni di Heidelberg. Più tardi ancora entrò nella Collezione Adolphe van Branteghem e poi venduta, attraverso una battuta d’asta a Parigi nel 1892, al mercante Edward Perry Warren. Il Museum of Fine Arts di Boston la acquistò formalmente da E.P. Warren nel 1895. Nel 1933 J.D. Beazley associò alla kylix di Boston, ricomposta da frammenti e con parti mancanti integrate, altri 5 frammenti (uno conservato al Museo Archeologico di Firenze e, altri quattro, al Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia di Roma).
L.D. Caskey, J.D. Beazley, Attic Vase Paintings in the Museum of Fine Arts, Boston III,1963, n. 155.