Statuetta maschile a figura intera in bronzo fuso. La figura tiene il braccio destro sollevato con la mano alzata ad angolo retto e rivolta in avanti. La mano, ingrandita rispetto al resto della figura, è rappresentata nel gesto icastico di saluto o di venerazione. Al di sotto del polso pende una piccola sacca interpretabile come guanto da pugile o come piccolo recipiente con funzione legata al culto praticato. Dal lungo copricapo conico si dipartono due vistose trecce che scendono fino alla vita. Proprio della categoria militare è il possente scudo(?) allungato e ripiegato, assicurato al braccio sinistro mediante un anello borchiato. Sul volto sono enfatizzati gli occhi resi ad ampi cerchi con pupille centrali. L’elegante tunica, con falda appuntita posteriore -comune all’abbigliamento di guerrieri e pugili- scende fino ai piedi rivestiti da saldali ad alta suola e con larghi lacci (la barretta orizzontale che unisce i due piedi costituiva il perno per il fissaggio alla tavola delle offerte). Gli attributi rappresentati sembrano descrivere l’iconografia propria della categoria dei pugilatori nuragici muniti di scudo, ritratti in atteggiamento di venerazione verso la divinità prima del combattimento. L’esemplare rinvenuto nella tomba vulcente costituisce, allo stato attuale delle conoscenze, l’unico esemplare di bronzetto a figura umana proveniente dalla penisola e appartiene ad una peculiare produzione di bronzetti figurati sardi datata nel Bronzo Finale, con una possibile prosecuzione anche nella prima età del Ferro. Questo tipo di oggetti, concepiti come offerte per un santuario nuragico, potevano essere conservati per più generazioni prima di essere deposti nella tomba e sono un chiaro indizio di una consolidata rete di rapporti, di cui è difficile determinare la natura, tra l’Etruria medio-tirrenica e la Sardegna.
M.B.
La statuetta in bronzo di produzione nuragica è parte di un ricco corredo funerario pertinente ad una sepoltura ad incinerazione rinvenuta nella necropoli di Cavalupo a Vulci nel 1958. Il cinerario, posto all’interno di una custodia in tufo di grandi dimensioni -di un tipo poco diffuso a Vulci- ospitava le ossa cremate di una donna, tra i 25 e i 35 anni, e di un individuo infantile, forse femminile, di età compresa tra gli 8 e i 10 anni. La statuetta fu rinvenuta, come parte del corredo, all’interno del cinerario insieme ad altri piccoli oggetti in bronzo di produzione sarda: una cesta miniaturistica biconica costolata, con coperchio e piccole anse oblique, un tintinnabulum a sgabello, con piastra circolare e foro centrale, frammenti pertinenti a un pendaglio, di cui resta solo l’occhiello di sospensione, e forse una catenella con anellini a doppia verga di bronzo. A differenza di alcuni elementi di corredo rinvenuti nell’ossuario (nel corredo figurano numerose fibule in bronzo-molte delle quali rotte intenzionalmente- fuseruole in impasto, rotelle da fuso in bronzo, fermatrecce in oro e rame, bottoni e vaghi di collana in oro, vaghi di collana in pasta vitrea e faïence, anellini in bronzo e oro) i bronzetti sardi non furono combusti insieme alle spoglie delle defunte. Una collana di bronzo e tracce di tessuto rinvenute intorno al cinerario indiziano la presenza di un particolare rituale funerario che prevedeva la vestizione dell’ossuario, pratica documentata in Etruria per individui di alto rango sociale.
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