Dopo l’interruzione dell’anno scorso dovuta alla crisi sanitaria, è terminata da poco la campagna di scavi annuale della Duke University a Vulci, coordinata dal prof. Maurizio Forte nel Foro del versante meridionale. Dal 2014, il gruppo di ricerca studia l’area non solo con i metodi tradizionali dell’archeologia, ma anche, grazie a un’apposita autorizzazione, sfruttando tecnologie all’avanguardia di analisi del territorio (droni multispettrali, dati 3D catturati in tempo reale, prospezioni geofisiche). Ecco perché il nome della missione multidisciplinare è “Vulci 3000”, progetto attualmente in collaborazione con la Fondazione Luigi Rovati, l’Università di Göteborg (Svezia) e l’HERCULES lab dell’Università di Evora (Portogallo).
Ricostruire in questo modo l’evoluzione di Vulci nel tempo dai punti di vista fisico, ambientale, culturale e storico, secondo Forte, permetterebbe di approfondire altri studi nel campo, al fine di avere a disposizione ulteriori mezzi per investigare gli eventi cruciali che portarono all’occupazione romana dell’area nel 282 a.C. Attraverso i nuovi strumenti è stato possibile mostrare, ad esempio, che la città etrusca era più estesa di quella romana, e che la parte sotterranea di Vulci, in cui un’enorme rete di cunicoli scavati nel tufo costituiva un vero e proprio impianto idraulico che gestiva volumi enormi d’acqua, è ancora da svelare.
L’archeologia del futuro, però, è soprattutto accessibile: oltre ai video sui progressi di Vulci 3000 e alle conferenze sul tema, anche i modelli 3D utilizzati per studiare il sito archeologico sono stati resi disponibili in quello che sarà l’archivio più ampio di repliche digitali di reperti etruschi e romani vulcenti.
Per gli aggiornamenti sul progetto, visitare il sito https://sites.duke.edu/vulci/.